Trump, primo presidente dell'era post-letteraria
Un commento all'interessante articolo di
Joe Weisenthal
Joe Weisenthal è uno che ha letto Walter Ong, e se hai
letto Ong non puoi cadere sulla storia delle #bufale.
Ong era un antropologo del 900, allievo e coetaneo di McLuhan, che parlava di "oralità
e alfabetizzazione”. Raccontava come l'invenzione
della scrittura ha radicalmente cambiato la coscienza umana. La parola
scritta non fu solo un'estensione della parola parlata, ma qualcosa che ha
aperto nuovi modi di pensare,
qualcosa che ha creato un nuovo
mondo.
Una grande
differenza, ad esempio, tra il mondo scritto e il mondo orale è che in quest'ultimo non c'è modo
per cercare nulla. Prima dell'invenzione della scrittura, la conoscenza
esisteva nel tempo presente tra due o più persone. Una volta che l'informazione
viene dimenticata dalla
memoria di questi, è sparita
per sempre. Questo rendeva necessario o per meglio dire faceva sì che le idee che circolavano di più
fossero quelle facilmente memorizzabile e ripetibili (si potrebbe andare
virali). L'immediatezza del mondo orale non favoriva idee complicate e
astratte, che hanno bisogno di essere pensate. Ma preferiva storie memorabili,
che si ricordassero facilmente! Ad esempio con la tecnica della rima, dei
versi, dei giochi di parole, della ripetizione.
L'età dei
social media recupera questo aspetto del mondo orale. Facebook, Twitter, Snapchat e altre
piattaforme stanno promuovendo un'economia linguistica che premia idee concise, chiare,
memorabili e ripetibili (vale a dire, virali). Per meglio dire: istantaneamente memorabili.
La cultura
orale premia la ridondanza,
perché quando il pubblico non può tornare indietro e consultare un testo,
bisogna assolutamente evitare
la distrazione e confusione.
Per questo Joe
Weisenthal, che è uno che ha letto Ong e non cade sulla storia delle bufale, e
spiega il successo della comunicazione modello Trump, il primo Presidente della
nostra era post-letteraria.
Il punto, aggiungo
io, è che il digitale (nuova rivoluzione del linguaggio,
dopo oralità e scrittura) non
è un semplice ritorno all’oralità. E’ vero che in qualcosa gli somiglia, ma
è molto molto diverso. Internet è anche uno strumento di memoria ancora più
potente della scrittura (google, wikipedia, ecc.): tutto (o quasi, ma molto più
che nella scrittura) sta lì, ed è più facilmente accessibile.
Il tempo
dell’oralità era ciclico,
quello della scrittura
lineare, sequenziale, quello dell’era digitale
è esploso, a rete, randomico. Il fatto che il digitale rompa con la
linearità della scrittura non deve farci credere che stiamo tornando alla
ciclicità, perché stiamo facendo un’altra cosa, per niente ciclica ma molto
dirompente.
Tutto scorre via
veloce e dunque sì, ciò che è memorabile fa presa all’istante. Cattura
l’attenzione, consente di attirare
per qualche secondo il nostro interesse su
una cosa. Ma è solo una chance. Un momento dopo, sarà un’altra cosa memorabile
ad attirarmi, dunque se non ti giochi bene la carta in quei pochi secondi, se
non riesci a farmi fare un salto di livello, oltre il fuoco d’artificio, allora
verrai presto sostituito.
Sul digitale,
clicco clicco clicco e scorro centinaia di contenuti, è vero e solo quelli più
memorabili si fissano. Ma succede anche che quando mi serve davvero una cosa me
la vado a cercare, e la trovo.
Allora non ti
basterà più il giochino della rima. “I trump” arriveranno a capire che l’era digitale non solo strizza
l’occhio all’oralità da un lato, ma amplifica il potere della memoria
dall’altro, e non basterà più (non appena il clamore dei nuovi specchietti
per vecchie allodole sarà stato digerito) attirare l’attenzione, bisognerà
saperla mantenere, altrimenti tanti nodi si creano e si abbandonano e le
connessioni passeranno per nuovi nodi, molto rapidamente. Del resto se “i
clinton” restano aggrappati a un tempo lineare, sequenziale, logico, ormai del
tutto saltato, non andranno certo più lontano.
Ovvero, dopo Ong è
utile rileggere bene Pierre Levy, secondo me.
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