A memoria

Qualcuno ha preso a far girare in questi giorni una lettera di due anni fa di Umberto Eco al nipotino: Caro nipote, studia a memoria - L'Espresso.
Caro Umberto Eco, ti ricordi il passaggio dall’oralità alla scrittura che rivoluzione fu? Uno scrittore come te non può non aver notato il grande passo avanti che l’umanità ha compiuto grazie a questa conquista. 
Allora perché ora che ne stiamo facendo un’altra, dalla scrittura al digitale (ipermedia), auguri a tuo nipote di tornare alle filastrocche mandate a memoria? Perché vuoi ricacciare la nuova generazione al passato omerico, invece che lasciarlo costruire il futuro digitale? Non sarà che questo fa sentire la scrittura e te, come suo illustre portavoce, superato e antico? E che cercare di ricacciare il futuro verso il trapassato remoto ti dà l’illusione di essere sempre tu l’artefice del presente? Capisci da te che è una sciocchezza. Io spero che tuo nipote alle tue lettere senili preferisca, che so, TG3Pixel (che è molto più interessante).

Ricordiamo un passo di W.J. Ong: "Molti si sorprendono quando vengono a sapere che quasi le stesse obiezioni che oggi sono comunemente rivolte ai computer venivano mosse alla scrittura da Platone, nel Fedro (274-7) e nella Settima lettera. La scrittura, Platone fa dire a Socrate nel Fedro, è disumana, poiché finge di ricreare al di fuori della mente ciò che in realtà può esistere solo al suo interno. La scrittura è una cosa, un prodotto manufatto (...) In secondo luogo, incalza il Socrate di Platone, la scrittura distrugge la memoria: chi se ne serve cesserà di ricordare, e dovrà contare su risorse esterne quando mancheranno quelle interiori. La scrittura indebolisce la mente".

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