La carta e il digitale: un tema Scomodo


Ieri ho scoperto che un gruppo di giovani studenti si sta autofinanziando per pubblicare un giornale di carta. Sì, sì, proprio di carta!!! Non è che proprio evitano il digitale come folli luddisti: stanno sui social, realizzano video, utilizzano internet per la campagna di crowdfunding e raccogliere fondi.
Però quello che hanno da dire lo scrivono e lo disegnano su carta.
Ora io alla loro età ho abbracciato la nascente rivoluzione digitale e ne ho fatto lavoro, passione, gioco, progetto, sfida, sogno. E non sopporto le paludose retoriche dei vecchi nostalgici che, avendo costruito il loro potere nella società dell’informazione del secolo scorso su carta, ora semplicemente tremano a vedersi minacciato il loro angolo di privilegio, fregandosene bellamente del mondo che cambia e ha bisogno di nuovi linguaggi per comprendersi e orientarsi.

La cosa curiosa è che questi vecchi nostalgici, nel video che promuove il giornale, dicono appunto una marea di demenzialità: che "l’icloud è smarribile" mentre la carta è conservabile, con buona pace di Alessandria e di Democrito; che uno scritto su carta dà emozione mentre su computer no (come se l’emozione non dipende dalla qualità del contenuto, dallo stile dell’autore, ma dal supporto che usa, per cui immagino che si emozionino a leggere l’ultimo libro di Briatore, mentre scorrere una poesia della Achmatova su schermo li lasci del tutto indifferenti); addirittura che leggere su carta presuppone non solo un atto intellettuale ma nientepopodimeno che un atto fisico della mano che sfoglia, come se pollice e indice diventino più nobili se pinzano l’angolo della pagina in basso a destra piuttosto che allargarsi a ingrandire una foto o spingere a cliccare un link; che la carta rende contenuti lunghi complessi elaborati, mentre il digitale solo cose brevi banali sommarie (ultimamente sto studiando fisica quantistica sul web, che immagino essere davvero una sciocchezza per questi santoni del sapere); per chiudere addirittura con profezie salvifiche nell’aldilà per chi sostiene “la carta”. 

Dicevo, la cosa curiosa è che mentre questi vecchi nostalgici del loro potere dicono montagne di sciocchezze illeggibili e inascoltabili, qualunque sia il supporto che le ospita (ragazzi lasciateli perdere, usateli magari per finanziarvi, ma andate oltre perché siete molto più avanti!), loro, i giovani autori di questo giornale, spiegano la propria scelta della carta invece in un modo molto interessante, centrando dei punti essenziali: 

- la carta per sottrarsi alla sovrabbondanza di contenuti tipica della rete. Un richiamo, direi, alla filosofia del Rifiuto di Toraldo di Francia: sottrarsi alla sovrabbondanza, come una specie di digiuno temporaneo, permette di abbassare il rumore e aumentare il proprio senso critico

- la redazione su carta perché favorisce il lavoro di gruppo, collettivo, d’insieme, piuttosto che singolo

- la distribuzione di un giornale di carta, con la sua maggiore difficoltà, può creare a volte un rapporto più stretto tra redattori e fruitori

- infine, soprattutto, la minore accessibilità di un giornale su carta lo rende più raro, nascosto, quasi segreto, meno soggetto al controllo, la cui lettura necessita di uno sforzo di volontà in più per procurarselo, di conseguenza una maggiore attenzione una volta in mano. 

Ecco, è un po’ come decidere di dire le proprie cose in poesia quando si saprebbe benissimo raccontarle con una più facile, universale ed ecumenica prosa. Come diceva Brecht, se crei un livello di estraneazione rispetto a ciò che convenzionalmente ci si aspetta, puoi permetterti di far passare qualcosa di diverso, alternativo, magari pericoloso, qualcosa di Scomodo.
Ah sì la rivista di questi ragazzi si chiama Scomodo.
Potete sostenerla e finanziarla:
- liberamente, con una donazione libera su Paypal www.leggiscomodo.org
- o aderendo al crowfunding it.ulule.com/scomodo-crowd-2017

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